Come funzionano i contributi all’editoria

I contributi all’editoria sono sempre stati un argomento “caldo”, intorno a questo tema si animano dibattiti, si costruiscono tavole rotonde con i professionisti dell’informazione. E puntualmente ritornano in voga quando si parla di crisi dei giornali cartacei.

 C’è chi li ritiene necessari per garantire il tanto decantato pluralismo dell’informazione e tutelare allo stesso tempo i giornali più piccoli. Giornali che faticano ad andare avanti in un panorama dominato sempre più dalle grandi voci come Il Corriere della Sera e La Repubblica.

Fonte Pixabay
Sul fronte opposto, c’è chi sostiene che finanziare l’editoria con i fondi pubblici messi a disposizione dello Stato sia un enorme dispendio di denaro obbligando l’informazione ad essere serva di un unico padrone: lo Stato e di conseguenza la politica.

 A queste riflessioni si aggiungono le tante domande cui e difficile dare una risposta precisa visto la vastità dell’argomento: chi può accedervi? Qual è la legge di riferimento (che è stata continuamente cambiata nel corso degli anni) e soprattutto quanti tipi di contributi ci sono?

Facciamo chiarezza, sei d’accordo? 

I contributi all’editoria sono particolari fondi che lo Stato mette a disposizione delle testate per sostenerle nella loro attività di informazione messa sempre più a dura prova dall’avvento dei nuovi media e dalle testate on line. Sono distinti in due grandi categorie:

  • Contributi indiretti: non sono attivi, consistono in una serie di vantaggi fiscali in termini di sgravio: ad esempio il regime fiscale che permette di pagare l'IVA (per i giornali è del del 4%) solo sul 20% delle copie stampate, le restanti vengono considerate esenti IVA. In altre parole i contributi indiretti sono "sconti" sulle somme da versare allo Stato. 
  • Contributi diretti: fondi a cui hanno diritto particolari realtà editoriali come cooperative, no profit, partiti. Questa forma di finanziamento viene erogata direttamente dallo Stato alle aziende editrici in possesso di alcuni requisiti. Ma come vengono calcolati questi contributi? Vengono delineati in base ad alcuni parametri tra cui: vendite, distribuzione, tiratura, costi, percentuali di copie vendute. La norma che regola il finanziamento pubblico diretto risale al 1981 con la legge 416 del 5 agosto. Nel corso degli anni è stata modificata più volte al fine di restringere o ampliare i criteri d’accesso ai contributi. Attualmente a legiferare è la legge numero 103 del luglio 2012 che ha notevolmente ristretto le misure di finanziamento limitando l’accesso ai contributi, stabilendo nuovi criteri di calcolo e sulla modernizzazione del sistema di distribuzione/vendita. 
Avrai capito che nel corso del tempo si è assistito a una lenta diminuzione dei fondi diretti ai giornali, pensa si è passati da ben da 150 milioni del 2010 ai circa 50 del 2013.

Chi può accedere? 

Ora esaminiamo nello specifico i requisiti di accesso accennati qualche riga più su. Le imprese editoriali che intendono usufruire dei contributi diretti devono rispettare:

  • Numero minimo di dipendenti, in prevalenza giornalisti, con contratto a tempo indeterminato. Nei quotidiani è prevista la presenza di almeno 5 giornalisti mentre per i periodici almeno devono essere almeno 3. 
  • Tutte le imprese che beneficiano dei contributi diretti devono inoltre rispettare il divieto di distribuzione degli utili. 
Piccola curiosità: è stato abolito il limite massimo delle entrate pubblicitarie. Prima per un’azienda editoriale le pubblicità non dovevano essere superiori al 30% dei costi totali.

Più controlli 

Con la legge del 2012, i controlli sulle imprese che fanno richiesta dei contributi sono diventati più stringenti: ad una società di revisione iscritta all’albo della CONSOB è stato affidato il compito di registrare tutti i dati che riguardino le vendite, la distribuzione e la tiratura.

I controlli assumono anche connotati sofisticati, hai mai notato il codice a barre sulle testate? Sai a cosa serve? Viene utilizzato per indicare la tracciabilità delle vendite limitando al massimo errori. Come viene calcolato il contributo I contributi diretti, cioè quelli erogati in somme di denaro direttamente all'editore, si dividono in una somma fissa e una variabile.

La somma fissa viene erogata per coprire spese come l'acquisto della cara, i costi di stampa e di distribuzione. Copre fino al 50% dei costi sostenuti. La somma variabile viene calcolata invece in base alle copie vendute, in misura diversa per ogni tipologia di testata.

Sono stati i stabiliti dei limiti sulla quota massima da elargire all’editoria: per i periodici il massimo è pari a 300 mila euro, invece i quotidiani non possono superare il tetto dei 3.500.000 euro. Somma ancora diversa per i quotidiani locali, pari a 1 milione e 500 mila euro.

Sono stati previsti contributi anche per l’editoria digitale: una testata on line deve pubblicare 240 uscite per i quotidiani, 45 per i settimanali, 18 per i quindicinali e 9 per i mensili. Il contributo a cui possono accedere queste testate viene calcolato su una quota pari al 70% dei costi sostenuti e su una quota di 0,10 euro per ogni copia venduta con abbonamento.

E la fideiussione? 

I contributi all’editoria vengono richiesti con troppa facilità dalle aziende di settore dichiarando lo stato di crisi, la Fnsi a tal proposito ha lanciato una proposta: imporre alle imprese editrici una garanzia fideiussoria di almeno due anni. “L’obiettivo - spiega la Fnsi - è quello di garantire una continuità al progetto messo su senza scaricarlo subito sulle spalle della collettività in caso di fallimento”.

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